Ti vidi avanzare con le braccia sottili ornate da finissimi braccialetti d'argento che delicatamente tintinnavano e ammiccavano al silenzio, come il suono dei pianeti. Le spalle, levigate da un tempo che anni addietro le aveva scolpite armoniose e vigorose, tenevano il ritmo dei tuoi passi sincronizzate al movimento dei seni rappresi da un reggipetto d'abito velato. I tuoi arti, soavemente, protendevano verso me. Il momento agognato era ormai giunto e gli anni trascorsi stavano per estinguersi proprio in quell'istante. Le vene colorate d'azzurro pastello sul dorso delle mani sembravano potessero esplodere in gioiosi fiotti di sangue da un momento all'altro. Il tuo volto, un po' bistrattato dalla vita, sfoggiava lineamenti scavati e induriti, ma tutt'altro che sgradevoli. Erano come uno scrigno, sembravano celare il mistero del fascino di donna allo stato puro, quello che più di ogni altra cosa mi faceva impazzire di te. Gli occhi radiosi e chiari restavano intatti, nitidi e cristallini; solo le rughe che contornavano le palpebre, sedimentate sul viso, parlavano del tempo speso a scrutare il mondo con la sagacia propria di chi, ancora possiede, il gusto della scoperta. I tuoi capelli argentei e curati volteggiavano intorno alle tue labbra rosso rubino, ancora sensuali e vivide: sebbene vagamente rattrappite dal tempo, avrebbero saputo ancora scaldare il cuore dell'uomo che avevi sognato da una vita e che, da qualche parte nel mondo, era rimasto ad attenderti sulla soglia della propria esistenza. Quell'uomo che stava sul ciglio dell'eternità ero io.
Malgrado tutti quegli anni cicatrizzati sui nostri corpi fu come la prima volta. Anzi, a pensarci bene, era davvero la prima volta che ci incontravamo, sebbene tutto sembrasse così strano e fuori dal tempo. Per anni, anni ed anni avevo ammirato le tue foto, elogiando l'armonioso tuo essere in tutti i luoghi e le stagioni: in città, mentre indossavi trench beige stringevi un l'ombrello rosso per ripararti dalla pioggia tardo settembrina; in autunno, distesa sul prato con le foglie ad incorniciare alla tua bellezza, quella che esibivi con consapevole semplicità, perché sì, tu sapevi di essere bella e di non sfigurare davanti a nessun'altra e il segreto del tuo fascino risiedeva nel garbo del non eccesso; poi sulla neve con gli occhialoni che tu chiamavi amichevolmente Fancy, che erano sì grandi ma non offuscavano il sorriso un po' disilluso, nonostante tutto sempre tenero; infine al mare, nei tuoi bikini blu, gialli, sempre a tinta unica. Così ti piacevano. E io ti chiedevo perché e tu rispondevi: - Così. - e me stava bene. A me stava sempre bene tutto quello che facevi.
- Sei davvero tu? - dissi scrutandoti minuziosamente
- Sì, scemo! Chi se no?
- Sei un incanto
- Sono passati un po' di anni...
- E' vero, ma non mi importa. Avvicinati, per favore.
Sì, il tempo c'era un po' sfuggito di mano, ma malgrado tutto restavi un sogno. Il mio. Adesso questo vecchio brontolone inaridito dagli anni si sentiva rinascere e il suo essere sprucido non ti avrebbe molestata. Quella voce, quelle premure, quegli anni di gioie e dolori passati ad essere comunque parte della propria vita, avevano commutato le sue delusioni in un desiderio implacabile di dolcezza, come un riflesso di luce che illumina un oggetto avvolto nella penombra. Rappresentavi una perfetta metà distinta, dotata di tatto, ironia e portamento.
Io, ormai vecchio, avevo tuttavia immaginato per anni, anche nei covi di altre donne, quello sguardo vagamente sbilenco che a me faceva impazzire per qualche strano motivo, quella lievissima asimmetria negli occhi che ti rendeva ipnotica. Avevi tutte quelle piccole imperfezioni atte a catturare l'attenzione e adesso erano lì, un po' acuite, ma sempre armoniose e ben disposte, proprio davanti a me.
- Una donna fascinosa - ti dissi un giorno - è colei la quale riesce a rendere intriganti i propri difetti -. Mi fissavi in quel modo che non avrei mai immaginato. Sapevamo di doverci qualcosa, ma avremmo recuperato tutto. A nulla valeva il tempo. Si era fermato dopo più di trent'anni. Ci eravamo ritrovati, ma era come se non ci fossimo mai lasciati.
- Sei davvero tu? - dissi scrutandoti minuziosamente
- Sì, scemo! Chi se no?
- Sei un incanto
- Sono passati un po' di anni...
- E' vero, ma non mi importa. Avvicinati, per favore.
![]() |
Illustrazione di Rita Preziosi |
Sì, il tempo c'era un po' sfuggito di mano, ma malgrado tutto restavi un sogno. Il mio. Adesso questo vecchio brontolone inaridito dagli anni si sentiva rinascere e il suo essere sprucido non ti avrebbe molestata. Quella voce, quelle premure, quegli anni di gioie e dolori passati ad essere comunque parte della propria vita, avevano commutato le sue delusioni in un desiderio implacabile di dolcezza, come un riflesso di luce che illumina un oggetto avvolto nella penombra. Rappresentavi una perfetta metà distinta, dotata di tatto, ironia e portamento.
Io, ormai vecchio, avevo tuttavia immaginato per anni, anche nei covi di altre donne, quello sguardo vagamente sbilenco che a me faceva impazzire per qualche strano motivo, quella lievissima asimmetria negli occhi che ti rendeva ipnotica. Avevi tutte quelle piccole imperfezioni atte a catturare l'attenzione e adesso erano lì, un po' acuite, ma sempre armoniose e ben disposte, proprio davanti a me.
- Una donna fascinosa - ti dissi un giorno - è colei la quale riesce a rendere intriganti i propri difetti -. Mi fissavi in quel modo che non avrei mai immaginato. Sapevamo di doverci qualcosa, ma avremmo recuperato tutto. A nulla valeva il tempo. Si era fermato dopo più di trent'anni. Ci eravamo ritrovati, ma era come se non ci fossimo mai lasciati.
Perdendoci nei nostri sguardi, non avevamo occhi per nient'altro. Ci siamo sciolti in un bacio. E poi un altro. E un altro. E un altro ancora. Fu come non aver baciato mai nessun altra. Tremavo di gioia, qualcosa nelle viscere mi scuoteva e all'improvviso avvertivo il risveglio di quel lato adolescente sopito dalle ere glaciali. Nel ricambiarci tenerezze d'ogni sorta, non ricordo come, ci siamo ritrovati in una stanza, felici di esplorare, per la prima volta, i nostri corpi, come se della nostra senilità non vi fosse traccia. Ero dentro te. Ero te in un riflesso d'eternità.
E poi mi sono svegliato!
E poi mi sono svegliato!