Panopticon è un manto sonoro avvolgente e terrorizzante al tempo stesso.
Scuote e percuote. Non lascia scampo e sconvolge l'intimo nella rappresentazione della realistica crudeltà, una crudeltà meditativa, come quella che scava nelle viscere, alla ricerca del male assoluto che alberga in ogni essere umano.
Panopticon è la smania di mantenere il controllo su ogni cosa; a sua volta l'incubo di essere costantemente controllato da un Grande Fratello che non porta celebrità.
Panopticon è la paura di guardare in alto, il terrore di trovare qualcuno che ci giudichi e immoli la privacy rendendo pubblico il sogno del nostro volo. Che c'è di male nel voler volare, in fondo? Non è stato sempre questo il sogno dell'uomo insieme all'immortalità?
Panopticon è la negazione del sogno, l'oppressione quotidiana, quella che ci creiamo nel nostro miope desiderio di essere accettati, nelle nostre fiction private delle quali siamo prigionieri. È l'affannosa ricerca di un'opprimente stabilità che spesso si traduce in sottomissione, mortificazione e addirittura umiliazione. Come la Salò di Pasolini dove l'umanità viene disumanizzata in nome del potere.
E in questo magma di sensazioni, in questi suoni che asservisco ai miei liberi pensieri, resto immobile a contemplare questo orrore perché troppo spesso lo vedo risorgere. E troppo spesso la gente se ne scandalizza dopo aver fatto di tutto per dimenticare.