Il mare
Il mare mi manca molto
Qui c'è l'oceano…
e non è la stessa cosa
Quando mi ritrovo nei pressi dell'Upper Harbor Bay di New York, lascio che la brezza marina mi catturi. Non importa se il vento mi scompiglia i capelli. Il mare per me è sempre stato un richiamo irresistibile. Sono quei momenti nei quali mi fermo da qualche parte e scruto l'orizzonte in cerca d'altro, al di là dell'oceano. Mi perdo in una dimensione parallela come ipnotizzata. Potrei star lì a fissare ore e ore un non so bene cosa senza mai distogliere lo sguardo. Tutta la mia vita potrebbe dissolversi sulla superficie smerigliata dalle onde. Tutto cambia, ma resta sempre uguale.
Il vuoto è l'espressione di un'insoddisfazione che non mi ha mai abbandonata. Non mi riesce proprio di intravedere un prospettiva decente per la mia vita, nemmeno in una città come questa e ancora meno alla presenza del mio ragazzo. Anzi a dire il vero la sua estrema sicurezza mi urta, la scelta di vivere all'estero mi pungola i nervi di continuo. L'ho seguito perché non avevo niente di meglio da fare, non avevo un lavoro fisso, mi arrangiavo come potevo, ma non sono la classica persona che ama pavoneggiarsi fingendo di vivere una vita incredibile solo perché mi ritrovo qui, a New York City. Ma come potevo deluderlo? Lui sembra avere il vento in poppa: un buon lavoro, la possibilità di essere uno che conta coltivando le proprie ambizioni. Bazzeccole, diciamo! Tutte cose che in Italia si sogna. Io, invece, no. Continuo ad arrangiarmi un po' qua e un po' là, non ho molti amici ed esco di rado. Quando vivevo in Italia mi lagnavo spesso della situazione generale. A casa dicevo sempre che non c'era nulla, eccetto il mare. Solo ora mi rendo conto di quanto mi manchi quell'intimità che ritrovavo nelle piccole cose, nella semplicità delle persone. Lì, dove sono nata e cresciuta, anche il mare è piccolo, ma non per questo disprezzabile, anzi sono tanti i turisti che d'estate vengono da noi in vacanza.
New York è bella, dinamica, sempre in movimento. Non si ferma mai. Sembra tutto perfetto, tutto studiato a regola d'arte per chi ha fame di vita. Purtroppo non è quello che vorrei per me. Sarà la mancanza di intimità che manca, tutto sembra essere soffocato da un baccano infernale. Il mare sotto casa mi è amico, mi rassicura e custodisce i miei ricordi lontani. L'oceano mi smarrisce, mi fa sentire un punto sperduto da qualche parte nell'universo, piccola piccola, stranita. Non c'è quiete, è solo frenesia della quella che si respira, come uno swing che non ti lascia mai o un uomo che ti parla con entusiasmo megalomane con tutti quei cool, yeah, fancy.
Una cosa semplice e naturale come fare il bagno diventa un'esperienza necessariamente eccitante. La sabbia scura è costellata ovunque da conchiglie, come ornamenti portati in dote dalle onde, troppe per i miei gusti; nell'acqua gelata, tutt'altro che cristallina vi si immergono uomini e donne di qualunque specie, dalle seminude ragazzotte americane fino alle donne musulmane avvolte da lunghi veli neri. Su quelle spiagge ci ritrovi tutto il mondo e la sensazione iniziale è magnifica. E bello sentirsi abbracciati dal mondo. Poi però l'entusiasmo svanisce e resta la nostalgia: così si ricomincia a desiderare l'aria di casa e tutte le sue piccole cose.
Ricordo certe notti d'estate, quando per vincere la noia si andava sulla spiaggia libera. Bastavano gli amici, qualche birra in lattina e tutta l'estate passava scandita dalle nostre risate, tra una nuotata al chiaro di luna e quattro accordi strimpellati su una chitarra. A volte ci andavo anche da sola, nei momenti di riflessione, quando avevo un bisogno urgente di stare con me stessa: privatami di qualunque indumento, mi immergevo nell'acqua sentendomi amata, libera e protetta dalla natura tutta intorno. Qui, questa dimensione intima, è del tutto assente. Il massimo che posso permettermi è cambiarmi d'abito, fare una doccia o l'amore.
Qualcuno vede nell'America il Paese della libertà, dell'opportunità e dell'apertura. Io no. Qui è tutto talmente grande che ci si può solo perdere ogni giorno di più. Nulla riesce a rendersi familiare ai miei occhi. Ho provato a spiegarlo al mio ragazzo, ma è tutto inutile, non gli riesce proprio di comprendere il mio travaglio interiore. E' tutto semplice per lui, basta che ci sia un lavoro con la promessa di un avvenire, e questo è quanto, come se tutti quei soldi possano rendermi felice. Lo so, non si vive di sogni e lui fa bene a ricordarmi quanto sia importante per noi questa chance, ma non riesco ad abituarmi a questa dimensione della vita e sento che qualcosa sfugge dalle mani giorno dopo giorno.
It's impossible to talk about swimming in New York's waters without talking about poop
Illustrazione: Rita Preziosi |
Il sogno americano si perde in un mare d'acqua, a volte.
RispondiEliminaMoz-
Be', questa non è la mia opinione personale o meglio non avevo associato questo post al sogno americano...
EliminaAnche perché non sono mai stato a NY :D
Stupendo!!! mi piace lei, le sue sensazioni, le piccole paure, le domande, le riflessioni, quel sentirsi nel posto sbagliato.
RispondiEliminaAvevi ragione, mi è piaciuto tantissimo :)